Tag: mondo

  • Pier Paolo Pasolini

    Esattamente cinquant’anni fa Pier Paolo Pasolini veniva brutalmente strappato via da questa terra. Chissà cosa direbbe dell’Italia di oggi, lui che tante derive aveva saputo leggerle in modo spietato con larghissimo anticipo e che non ha mai cercato in alcun modo di risultare accomodante o consolatorio. L’unica cosa di cui sono sicuro è che, se potesse parlare oggi, molti gli darebbero del complottista o del folle. D’altra parte è così che vanno le cose in questo Paese: si amano i grandi pensatori solo da morti, quando ognuno è libero di piegarne l’aura a proprio piacimento.
    Un brindisi a Pier Paolo.

    Pier Paolo Pasolini
  • 15 ottobre, quattro anni dopo

    Quindici ottobre. Anche se oggi si sta chiaramente cercando di cancellare quel periodo dalla memoria collettiva, è importante ricordare che solo quattro anni fa, con l’entrata in vigore dell’obbligo della “tessera verde” per l’accesso ai luoghi di lavoro, questa data diventava il simbolo di uno dei capitoli più vergognosi della nostra storia recente.
    Credo sia fondamentale non dimenticarlo, lo scempio che abbiamo vissuto in quei mesi con l’arroganza del potere scatenata in ogni sua forma contro chi cercava di portare un pizzico di umanità e razionalità nel marasma della follia imperante. Ma, a quattro anni di distanza, a me piace ricordare anche come la risposta a quel momento buio sia stata una fioritura di piazze vitali, piene di persone pronte a stringersi fra loro in una marea pacifica che abbracciava ogni tipo di cultura, sensibilità e credo nonostante l’odio seminato dai tromboni di regime e una repressione sempre più cattiva. Anche se purtroppo, alla fine di tutto, resta anche la profonda amarezza per come l’energia positiva di quelle piazze si sia poi dispersa a causa dei troppi pifferai magici che hanno provato a piegarla ai loro interessi personali o a indirizzarla verso qualche ingenua chimera. Ed è importante non dimenticare nemmeno questo, insieme a tutte le cose che quei giorni dovrebbero averci insegnato.

    15 ottobre, quattro anni dopo
  • …o un’intera popolazione

    “…mentre le folle erano impegnate a inveire contro un qualche nuovo nemico di Stato: poco importa se fosse un uomo qualunque che correva da solo su una spiaggia, il vicino di casa di qualcuno che «comunque salutava sempre» o un’intera popolazione a chissà quante migliaia di chilometri di distanza”, dicevo in “Poi il tempo” e, se provo a guardarmi attorno, purtroppo non posso che riconfermarlo anche oggi.
    Continua a tirare un’aria inquietante, là fuori, e soprattutto continuiamo a venire tempestati da una marea di informazioni contraddittorie che sembrano avere il solo scopo di aizzare le masse e rendere impossibile individuare i contorni di ciò che sta realmente accadendo del mondo. In mezzo a tutto questo, fatico a capire come sia possibile che tante persone, anche generalmente degne di grande stima, continuino a cadere nelle trame di propagande basate su narrative grottesche che azzerano ogni complessità e confondono la realtà con un brutto cartone animato. Non riesco a capacitarmi di come non ci si renda conto della pericolosità dei tanti focolai su cui si sta continuando maldestramente a soffiare.
    Credo che in un momento come questo si possa solo fare il possibile per evitare di prestarsi alle cacce alle streghe, cercare di informarsi in modo ampio ascoltando anche le voci verso cui non si ha simpatia, rifuggire gli slogan facili e soprattutto provare a ragionare con la propria testa facendo i conti con ogni possibile scenario a cui stiamo andando incontro. Non è decisamente tempo per il tifo da stadio o per credere ai pifferai magici.

    …o un’intera popolazione
  • un pensiero sulle strade

    Nell’ultimo anno, per svariati motivi, ho pedalato molto poco ma purtroppo l’esiguo numero di chilometri che ho percorso è già più che sufficiente per farmi prendere atto di quanto sulle strade del nostro Paese ci si senta drammaticamente sempre meno al sicuro. I dati che parlano di oltre 130 ciclisti morti investiti dall’inizio del 2025 in Italia (praticamente più di uno ogni due giorni) non mi stupiscono affatto, visto ciò che a cui si assiste di continuo.
    C’è sempre meno consapevolezza, da parte della gran parte degli automobilisti, di essere alla guida di qualcosa che può facilmente uccidere delle persone, sempre meno rispetto verso gli utenti più fragili, sempre più aggressività e sempre meno coscienza del fatto che la strada non appartiene solo ai veicoli a motore (perché evidentemente il problema riguarda, per esempio, anche i pedoni oltre che i ciclisti).
    Più di ogni altra cosa c’è evidentemente una totale incoscienza del fatto che il pericolo maggiore per chi pedala è l’eccessiva vicinanza delle automobili durante i sorpassi. Chi non è mai davvero salito in bicicletta sembra non riuscire proprio nemmeno a immaginare il dramma che rischia di creare sfrecciando a pochi centimetri da un ciclista credendo di avere il pieno controllo della situazione. La legge che dovrebbe garantire il metro e mezzo di distanza di sicurezza è da qualche mese finalmente una realtà ma purtroppo, finché non ci sarà una seria sensibilizzazione in tal senso, resterà solo materia per periti e tribunali dopo gli incidenti.
    Servirebbe una svolta culturale importante ma purtroppo, anche in questo, si continua ad andare nella direzione opposta a quella che si dovrebbe seguire. E la cosa triste è che, per quanto possa sembrare un luogo comune, basta mettere il naso fuori dai confini del nostro Paese per rendersi conto che si tratta di un problema tutto italiano (provate semplicemente, da pedoni, a usare le strisce pedonali in Svizzera, per capire la differenza di mentalità).

    un pensiero sulle strade
  • una riflessione di GianCarlo Onorato

    Con GianCarlo Onorato ho avuto occasione di condividere un palco solo pochi giorni fa ma in realtà si tratta di un artista che stimo da sempre. Oggi sul sito di Rock Targato Italia è stato pubblicato un articolo molto importante firmato da lui. Si tratta di una lettera aperta indirizzata a Massimo Zamboni che è in realtà una riflessione profondissima su quello che dovrebbe essere il ruolo dell’artista nel mondo contemporaneo.
    “[…] il tuo posto non dovrebbe invece essere, come il mio e come quello di tanti altri attori realmente responsabili, in prima fila per sputare in faccia a chi di dovere, ad ogni costo, a prezzo dell’esclusione, come avviene al sottoscritto e ad altri che osano dire, tutte le storture che abbiamo sopra elencato e che non si possono ignorare o peggio dichiarare false?” dice fra le altre cose l’articolo, che merita di essere letto con attenzione per intero.

    una riflessione di GianCarlo Onorato
  • Dall’emergenza permanente alla guerra “imminente”

    Sono ormai diversi mesi che i media e la politica stanno facendo di tutto per “normalizzare” il concetto di guerra da parte del nostro Paese e convincerci della necessità di prepararci a “difenderci” da chissà quale minaccia. Ormai siamo arrivati a livelli di propaganda grotteschi e la cosa dovrebbe preoccuparci parecchio, non tanto per li rischio concreto che possano da un giorno all’altro spedirci tutti quanti al fronte quanto semplicemente per il fatto che evidentemente si sta ripetendo il giochetto dell’instaurare un clima di tensione per poter manipolare più agevolmente i nostri comportamenti e dirottare importanti somme di denaro dove più fa comodo al potere. D’altra parte dovremmo avere imparato già da tempo come funziona questa triste era dell’emergenza permanente.
    Opporsi ai ridicoli “piani di riarmo”, agli “incrementi della spesa bellica” e ai tentativi di alzare le tensioni dovrebbe essere, al giorno d’oggi, la priorità oggi per chiunque. Invece ciò che accade sotto il nostro sedere è proprio ciò che stiamo ignorando tutti quanti con la maggior determinazione.

    Dall’emergenza permanente alla guerra “imminente”
  • L’era della post-verità

    Qualcuno sostiene, a mio avviso giustamente, che quella che stiamo vivendo sia “l’era della post-verità”: un’epoca segnata da un approccio puramente emotivo e ideologico ai fatti, da una mole quotidiana ingestibile di notizie contraddittorie, da una tecnologia ormai alla portata di tutti in grado di artefare ogni tipo di documento e soprattutto da un’informazione mainstream dedita solo a diffondere falsità al servizio del potere.
    Credo che interrogarsi su come sopravvivere intellettualmente a questa situazione sia un qualcosa da cui nessuno può esimersi, e la risposta più naturale è sempre la stessa: diffidare di tutto, non accontentarsi delle voci di comodo e soprattutto cercare di sviluppare un pensiero il più possibile autonomo e critico. Però credo che ancora più importante sia cercare di portare sempre ogni discorso su un piano superiore senza lasciarci distrarre da dettagli inutili, ragionando sui principi portanti più che sulle apparenze, perché spesso il gioco della disinformazione di regime è proprio quello di alzare polveroni e divisioni su inezie che in realtà, se guardate in una prospettiva più ampia e completa, non sono altro che inutili elementi di contorno gonfiati a dismisura proprio per allontanarci dalla vera essenza delle cose.

    L’era della post-verità
  • Quindici ottobre

    Quindici ottobre. Teniamola sempre ben presente, questa data. Solamente tre anni fa, con l’entrata in vigore dell’obbligo della “tessera verde” per l’accesso ai luoghi di lavoro, questa data segnava una linea di demarcazione profondissima nelle coscienze del nostro Paese.
    Ci sarebbero tante cose da dire a riguardo ma in occasione di questa grigia ricorrenza voglio dedicare un pensiero solamente alle persone che in quei giorni, nonostante le minacce dei manganelli e il fango delle bugie dei media che andavano ad aggiungersi alle situazioni drammatiche che molti stavano vivendo, hanno continuato a riempire le piazze con una marea umana pacifica e variopinta che sapeva unire i canti libertari, gli ohm e i rosari. Una folla eterogenea accomunata solo dall’esigenza di non scordare cosa significa essere umani e di non cedere alla deriva imboccata da un mondo che stava scegliendo di rinnegare ogni suo principio fondatore ed elevare il ricatto sociale a metodo di governo. Una deriva che, a dire il vero, non si è mai interrotta del tutto, anche se oggi è tornata ad assumere forme molto più sottili.
    Purtroppo quel movimento si è poi spento per colpa dei troppi aspiranti volponi che, dall’interno, hanno cercato di manipolarlo per i propri interessi o farsene scudo per provare a elemosinare qualche spicchio di potere. Però sicuramente quelle piazze ci hanno dimostrato che siamo ancora in tanti ad avere una coscienza critica e tutto ciò che è accaduto in quei giorni non deve assolutamente essere dimenticato.

    Quindici ottobre
  • “La prima ultima volta” a Una Ghirlanda Di Libri

    So bene che parlare de “La prima ultima volta” senza avere al mio fianco Vanna Mazzei, che oltre alla coautrice del libro è stata anche la vera ideatrice del progetto, non è certo come presentarlo insieme a lei, però gli imprevisti della vita hanno voluto che al festival Una Ghirlanda Di Libri di Cinisello Balsamo (MI) le cose andassero in questo modo, dunque posso solo augurarmi di essere riuscito a non fare sentire troppo la sua mancanza.
    Per quanto mi riguarda si è trattato di una chiacchierata estremamente piacevole, molto ben moderata da Franca Turco che ha saputo dare all’incontro il giusto equilibrio fra leggerezza e profondità. Una Ghirlanda Di Libri, d’altro canto, è un contesto con cui è piacevole confrontarsi: un festival piccolo e molto curato all’interno degli spazi affascinanti di una villa antica in cui si respira un’atmosfera cordiale e curiosa. È stato un piacere esserci.

    “La prima ultima volta” a Una Ghirlanda Di Libri
  • questi anni da fast food

    Una piccola inutile riflessione primaverile:
    Viviamo un’epoca in cui tutto deve essere spettacolare e veloce. Viviamo un’epoca in cui tutto ciò a cui assistiamo deve essere “il migliore di tutti i tempi”. Viviamo un’epoca in cui ogni proposta deve essere coinvolgente e immediatamente accessibile a chiunque senza sforzo.
    Sono considerazioni banali, lo so, ed è già da parecchio tempo che si la direzione imboccata è questa, ma non si può non prendere atto che questa ricerca del sensazionalismo a tutti i costi si sta allargando a macchia d’olio anche agli ambiti più insospettabili. Penso alla musica, dove la ricerca ossessiva di un certo “giovanilismo” forzato sembra contagiare sempre di più anche gli ambienti meno nazionalpopolari. Penso allo sport, dove si spinge sempre di più per avere competizioni che tengano costantemente alto il pathos o dove si alimentano continuamente discorsi infantili per fomentare l’esaltazione più becera dei tifosi. Penso alla letteratura, dove… vabbè… non c’è neanche bisogno di dirlo.
    Sembra si stia dimenticando che alcune situazioni si possono apprezzare realmente solo dopo avere imparato con pazienza a leggerne fra le righe il linguaggio e le sfumature. Sembra si faccia sempre più fatica a ricordare che il fascino di molte cose è proprio nella complessità, nell’attesa o nei piccoli dettagli. Sembra che troppi, in diversi ambiti, abbiano ormai rinunciato a portare avanti una propria identità per rassegnarsi a rincorrere la mentalità che domina quest’epoca da fast-food. Ed è un vero peccato perché, con questa smania di sensazionalismo, si stanno perdendo molte cose preziose.

    questi anni da fast food
  • Erba e il tritacarne mediatico

    Nei prossimi giorni il tribunale discuterà la possibilità di revisione del processo per la strage di Erba del 2006 e credo che questa vicenda, al pari di quella di Brembate del 2010 e di altre, meriti una riflessione che riguarda tutti noi.
    Il fatto che la condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano sia stata frutto esclusivamente di scandalose manipolazioni mediatiche e giudiziarie penso sia ormai evidente a chiunque abbia provato a informarsi seriamente sulla vicenda. Volendo però ampliare il discorso credo che, allo stato attuale delle cose, tutti quanti dovremmo provare almeno un minimo di preoccupazione di fronte a un sistema che, come accaduto per esempio in questo caso o in quello di Massimo Bossetti, porta delle persone totalmente estranee ai fatti a venire ingiustamente private della libertà e sottoposte a una vergognosa gogna mediatica in modo artefatto e indegno di un Paese civile, fra animi aizzati dai polveroni giornalistici e verità spudoratamente falsate per l’esigenza di trovare rapidamente un “mostro” da dare in pasto all’opinione pubblica. Tutti dovremmo avere paura di un circo mediatico e giudiziario che troppo spesso si trasforma in un tritacarne da cui chiunque, in modo assolutamente casuale, può venire travolto. Perché purtroppo, alla luce dei fatti, ciò che è accaduto a queste persone può accadere in qualunque momento a chiunque di noi.

    Erba e il tritacarne mediatico
  • la triste fine degli artisti

    C’è una strana anomalia che in questi tempi mi è capitato di notare con una certa frequenza: sembra che la maggioranza degli artisti, che come diceva De André dovrebbero essere una sorta di anticorpo che difende la società dagli eccessi del potere, abbia scelto di invertire il proprio ruolo ed ergersi a difensore dello status quo o al massimo unirsi a qualche coro fumoso perfettamente in linea con l’andamento generale delle cose. Pare che la critica verso i potenti e la capacità di sviluppare pensieri indipendenti vengano sempre più spesso soppiantate da una sorta di sarcasmo rancido verso il nemico pubblico mediatico del momento o verso le voci non allineate, finendo con l’alimentare quell’infantile gioco di infinite divisioni fra poveri che ormai è una vera piaga sociale.
    Certo, per fortuna c’è ancora qualche eccezione, anche se si tratta per lo più dei soliti vecchi noti e qualche sporadica bella sorpresa, ma la cosa mi sembra parecchio triste. Anche perché, per quanto non si tratti certo una tendenza nuova, ho la sensazione che in quest’ultimo periodo la deriva si stia acuendo sempre di più. “E pensare che c’era il pensiero”, diceva Gaber.

    la triste fine degli artisti
  • Buon Natale!

    Buon Natale!
    Che quelli che stanno arrivando possano essere per tutti giorni colmi di calore e serenità.

    Buon Natale!
  • La tragica situazione delle strade italiane

    Esattamente un anno fa, fra le ruote di un camion, finiva la vita di Davide Rebellin. Ci sarebbero molte cose da dire a riguardo ma forse il modo migliore per ricordarlo è provare a riflettere su quanto la drammatica pericolosità delle strade del nostro Paese sia, in quest’ultimo anno, ulteriormente peggiorata.
    Purtroppo continua a esserci ben poca coscienza della responsabilità che ci si carica sulle spalle quando ci si mette alla guida di un veicolo e di quanto alcuni comportamenti siano pericolosi, inclusa la mancanza di distanza laterale quando si sorpassa, che è un aspetto che purtroppo chi non ha mai pedalato non può comprendere ma che resta in assoluto il più grande pericolo per i ciclisti. Per cambiare davvero qualcosa servirebbe una drastica inversione di rotta culturale: dovremmo darci tutti quanti una calmata rispetto alla folle frenesia imperante e imparare a tutelare i più fragili e rispettare chi compie scelte diverse dalle nostre. Il che vale poi anche per parecchi altri ambiti. Ma mi rendo benissimo conto che, allo stato attuale delle cose, sia una totale utopia.

    La tragica situazione delle strade italiane
  • questo strano senso di colpa collettivo

    Una piccola e inutile riflessione estiva: ho notato che da qualche tempo, in questo Paese, le colpe di qualunque cosa accada ricadono sempre verso il basso. Dalle conseguenze dei disastri ambientali al carovita fino dal degrado dei servizi pubblici, stando ai grandi opinionisti, tutto sembra sempre essere colpa, direttamente o indirettamente, della mancanza di coscienza di noi cittadini, della nostra scarsa propensione al sacrificio o addirittura delle nostre aspettative troppo alte. L’ipotesi che alla base di determinati drammi possano esserci delle scelte scellerate, delle speculazioni, una cattiva gestione o qualunque altra possibile responsabilità da parte di chi detiene un qualunque potere non viene più nemmeno presa in considerazione se non per qualche risibile teatrino. È curioso, no?
    Certo, questo non significa che non ci siano realmente parecchi comportamenti individuali su cui tutti dovremmo riflettere nella nostra quotidianità cercando di fare ognuno la propria parte per migliorare ciò che ci circonda. Tutt’altro. Però l’avere ormai eletto il senso di colpa collettivo a sistema di governo chiudendo costantemente gli occhi di fronte a qualunque responsabilità, mancanza, manipolazione o malafede da parte di chi detiene un qualsiasi potere ci sta facendo pericolosamente diventare una società di individui passivi e privi di spirito critico capaci solo di inutili lotte fra poveri.

    questo strano senso di colpa collettivo
  • un referendum per la pace

    Da qualche giorno è iniziata la raccolta firme per il referendum abrogativo che fermi la complicità del nostro Paese nell’inasprimento sempre maggiore, tramite l’invio di armamenti, del conflitto che tutti conosciamo. Credo sia una proposta parecchio importante che va potenzialmente a toccare uno degli snodi cruciali del nostro futuro.
    Personalmente ho parecchie riserve sullo strumento e su diverse altre cose, però penso che la campagna referendaria vada presa prima di tutto come l’occasione per lanciare un segnale forte su un tema vitale su cui tutte le forze politiche all’unisono e tutti i mezzi d’informazione hanno fin dall’inizio fatto quadrato in modo granitico bloccando ogni possibilità di dissenso.
    Vista l’ormai constatata impossibilità di aprire un dibattito pubblico su questo tema o di riorganizzare un movimento di piazza, questa campagna referendaria può essere un modo valido per provare a fare sentire la nostra voce e, in quanto tale, sono convinto che vada fortemente sostenuta.

    un referendum per la pace
  • pianeta Terra, primavera 2023

    Si respira sempre più un’aria da tardo impero, in questa fragile civiltà occidentale all’alba della primavera del 2023.
    I colossi della finanza iniziano a mostrare l’inconsistenza del vuoto su cui si basano e i potenti continuano a gestire il mondo come un banale videogioco, alzando sempre di più l’asticella di un conflitto insensato che ci sta toccando sempre più direttamente e che, in un modo o nell’altro, sta facendo parecchio male a tutti noi comuni mortali indipendentemente dal luogo in cui siamo nati. D’altra parte si è capito ormai da tempo che l’impero traballante, per poter continuare a sopravvivere, ha disperatamente bisogno di ridistribuire il benessere verso l’alto e di rimodellare la società su parametri meno umani e più basati sul controllo sociale.
    Intanto, con la scusa della modernità o con mille altri alibi apparentemente santissimi sospinti da quella propaganda che ormai dovremmo avere imparato a conoscere, si continua a spingere per legittimare sempre di più le nuove forme di schiavitù e per considerare l’essere umano al pari di una qualsiasi merce. E ovviamente si continuano ad alzare cortine di fumo alimentando divisioni inutili, azzerando le possibilità di dibattito pubblico sui temi davvero cruciali e non smettendo di criminalizzare ogni forma di libero pensiero.
    Ma resisteremo anche a tutto questo.

    pianeta Terra, primavera 2023
  • non è consentito dimenticare

    Tre anni fa, dopo un’improvvisa inversione a “U” dei grandi nomi dell’informazione, l’Italia chiudeva. Avrei voluto scrivere qualcosa di razionale sull’argomento ma mi rendo conto di provare ancora troppo sgomento per la sospensione dello stato di diritto a cui abbiamo assistito in quei due anni abbondanti e per la facilità con cui la gran parte dei nostri connazionali ha dimenticato in un lampo ogni briciola di umanità e rinunciato a ogni forma di pensiero critico per adattarsi a vivere in una sorta di teatro dell’assurdo fatto di parole riesumate dal secolo scorso e di “regole” surreali in eterna mutazione.
    Personalmente ho avuto l’enorme fortuna, durante i periodi peggiori, di avere a che fare più con la Svizzera che col nostro Paese, il che mi ha evitato molti problemi e mi ha permesso di toccare con mano due modi opposti di gestire ogni situazione, ed è difficile scordarsi la sensazione straniante, provata in diversi frangenti del biennio ma ancora di più nei mesi della “tessera verde”, di passare da un mondo assolutamente sereno a uno totalmente distopico semplicemente attraversando a piedi la dogana.
    Per quanto oggi molti mezzi d’informazione stiano cercando di “normalizzare” quel periodo nella memoria collettiva, credo sia vitale ricordare con fermezza ogni cosa per ciò che è stata realmente. Non dimenticare nulla, continue contraddizioni incluse. Non dimenticare nemmeno i continui tagli alla sanità pubblica perpetrati negli ultimi vent’anni e portati avanti ancora oggi che sono stati uno dei nodi scatenanti del caos. E continuare a tenere sempre gli occhi e la mente bene aperti sul presente e sul futuro.

    non è consentito dimenticare
  • …per pagare i generali

    Parecchi anni fa Enzo Jannacci cantava: “Il nemico non è al di là della tua trincea. Il nemico è qui fra noi. […] Il nemico è colui che vuole il monumento per le vittime da lui volute; E non fa le scuole, e non fa gli ospedali, per pagare i generali.”
    In questi giorni di grigia propaganda a buon mercato credo non ci sia altro da aggiungere. Chissà se mai lo capiremo.

    …per pagare i generali
  • laudate hominem

    “Contro l’ideologia della banalità, che domina il mondo, è necessaria un’opposizione” (Benedetto XVI)

    Il mio rapporto con la religione è complesso e per molti versi contraddittorio, lo so. Ma non è di questo che si tratta. Non è la religione il punto.
    Verso papa Benedetto XVI ho sempre nutrito un’enorme ammirazione e l’ho sempre considerato una delle menti più profonde del nostro tempo: un vero gigante del pensiero che si è rivelato spesso in anticipo sui tempi e ha dedicato una vita intera a scavare nel profondo e a difendere un’idea di essere umano fatto di spiritualità e ragione, andando sempre con decisione controcorrente rispetto a un mondo che tende sempre più a cancellare sia l’una che l’altra. Non a caso i grandi media hanno tentato spesso di demonizzarlo e manipolare ogni sua parola.
    Con lui se ne va una delle ultime dighe davvero autorevoli alla deriva che ci sta spingendo verso un totale appiattimento (a)culturale, intellettuale e valoriale, che è poi proprio quella “dittatura del relativismo” contro cui lui ha spesso messo in guardia. Per questo credo sia doveroso rendergli omaggio.

    laudate hominem

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