Tag: pensieri

  • questi anni da fast food

    Una piccola inutile riflessione primaverile:
    Viviamo un’epoca in cui tutto deve essere spettacolare e veloce. Viviamo un’epoca in cui tutto ciò a cui assistiamo deve essere “il migliore di tutti i tempi”. Viviamo un’epoca in cui ogni proposta deve essere coinvolgente e immediatamente accessibile a chiunque senza sforzo.
    Sono considerazioni banali, lo so, ed è già da parecchio tempo che si la direzione imboccata è questa, ma non si può non prendere atto che questa ricerca del sensazionalismo a tutti i costi si sta allargando a macchia d’olio anche agli ambiti più insospettabili. Penso alla musica, dove la ricerca ossessiva di un certo “giovanilismo” forzato sembra contagiare sempre di più anche gli ambienti meno nazionalpopolari. Penso allo sport, dove si spinge sempre di più per avere competizioni che tengano costantemente alto il pathos o dove si alimentano continuamente discorsi infantili per fomentare l’esaltazione più becera dei tifosi. Penso alla letteratura, dove… vabbè… non c’è neanche bisogno di dirlo.
    Sembra si stia dimenticando che alcune situazioni si possono apprezzare realmente solo dopo avere imparato con pazienza a leggerne fra le righe il linguaggio e le sfumature. Sembra si faccia sempre più fatica a ricordare che il fascino di molte cose è proprio nella complessità, nell’attesa o nei piccoli dettagli. Sembra che troppi, in diversi ambiti, abbiano ormai rinunciato a portare avanti una propria identità per rassegnarsi a rincorrere la mentalità che domina quest’epoca da fast-food. Ed è un vero peccato perché, con questa smania di sensazionalismo, si stanno perdendo molte cose preziose.

    questi anni da fast food
  • Erba e il tritacarne mediatico

    Nei prossimi giorni il tribunale discuterà la possibilità di revisione del processo per la strage di Erba del 2006 e credo che questa vicenda, al pari di quella di Brembate del 2010 e di altre, meriti una riflessione che riguarda tutti noi.
    Il fatto che la condanna di Rosa Bazzi e Olindo Romano sia stata frutto esclusivamente di scandalose manipolazioni mediatiche e giudiziarie penso sia ormai evidente a chiunque abbia provato a informarsi seriamente sulla vicenda. Volendo però ampliare il discorso credo che, allo stato attuale delle cose, tutti quanti dovremmo provare almeno un minimo di preoccupazione di fronte a un sistema che, come accaduto per esempio in questo caso o in quello di Massimo Bossetti, porta delle persone totalmente estranee ai fatti a venire ingiustamente private della libertà e sottoposte a una vergognosa gogna mediatica in modo artefatto e indegno di un Paese civile, fra animi aizzati dai polveroni giornalistici e verità spudoratamente falsate per l’esigenza di trovare rapidamente un “mostro” da dare in pasto all’opinione pubblica. Tutti dovremmo avere paura di un circo mediatico e giudiziario che troppo spesso si trasforma in un tritacarne da cui chiunque, in modo assolutamente casuale, può venire travolto. Perché purtroppo, alla luce dei fatti, ciò che è accaduto a queste persone può accadere in qualunque momento a chiunque di noi.

    Erba e il tritacarne mediatico
  • la triste fine degli artisti

    C’è una strana anomalia che in questi tempi mi è capitato di notare con una certa frequenza: sembra che la maggioranza degli artisti, che come diceva De André dovrebbero essere una sorta di anticorpo che difende la società dagli eccessi del potere, abbia scelto di invertire il proprio ruolo ed ergersi a difensore dello status quo o al massimo unirsi a qualche coro fumoso perfettamente in linea con l’andamento generale delle cose. Pare che la critica verso i potenti e la capacità di sviluppare pensieri indipendenti vengano sempre più spesso soppiantate da una sorta di sarcasmo rancido verso il nemico pubblico mediatico del momento o verso le voci non allineate, finendo con l’alimentare quell’infantile gioco di infinite divisioni fra poveri che ormai è una vera piaga sociale.
    Certo, per fortuna c’è ancora qualche eccezione, anche se si tratta per lo più dei soliti vecchi noti e qualche sporadica bella sorpresa, ma la cosa mi sembra parecchio triste. Anche perché, per quanto non si tratti certo una tendenza nuova, ho la sensazione che in quest’ultimo periodo la deriva si stia acuendo sempre di più. “E pensare che c’era il pensiero”, diceva Gaber.

    la triste fine degli artisti
  • Buon Natale!

    Buon Natale!
    Che quelli che stanno arrivando possano essere per tutti giorni colmi di calore e serenità.

    Buon Natale!
  • La tragica situazione delle strade italiane

    Esattamente un anno fa, fra le ruote di un camion, finiva la vita di Davide Rebellin. Ci sarebbero molte cose da dire a riguardo ma forse il modo migliore per ricordarlo è provare a riflettere su quanto la drammatica pericolosità delle strade del nostro Paese sia, in quest’ultimo anno, ulteriormente peggiorata.
    Purtroppo continua a esserci ben poca coscienza della responsabilità che ci si carica sulle spalle quando ci si mette alla guida di un veicolo e di quanto alcuni comportamenti siano pericolosi, inclusa la mancanza di distanza laterale quando si sorpassa, che è un aspetto che purtroppo chi non ha mai pedalato non può comprendere ma che resta in assoluto il più grande pericolo per i ciclisti. Per cambiare davvero qualcosa servirebbe una drastica inversione di rotta culturale: dovremmo darci tutti quanti una calmata rispetto alla folle frenesia imperante e imparare a tutelare i più fragili e rispettare chi compie scelte diverse dalle nostre. Il che vale poi anche per parecchi altri ambiti. Ma mi rendo benissimo conto che, allo stato attuale delle cose, sia una totale utopia.

    La tragica situazione delle strade italiane
  • dopo la pausa estiva

    Ritorniamo alla quotidianità dopo qualche giorno di riposo. La prima parte di questo 2023 è stata decisamente viva e interessante ma devo ammettere che nell’ultimo periodo il continuo dividermi fra la vita vera, la promozione de “La prima ultima volta” che ha portato più soddisfazioni di quanto mi sarei aspettato, il percorso senza fine de “L’uomo a pedali” e i vari impegni legati al mondo della musica mi stava mandando un po’ in confusione, dunque la sosta estiva è stata più che mai una benedizione.
    Sono stati giorni sereni, questi ultimi, divisi fra relax assoluto e qualche bel chilometro a pedali percorso su alcune delle strade che mi fanno sentire maggiormente in pace con me stesso. Davvero ci volevano, prima di ributtarsi nel turbinio di cose che mi attendono nei prossimi mesi.
    Nelle prossime settimane ci saranno delle belle novità su ognuno dei fronti che citavo all’inizio. Ci sarà da divertirsi e c’è ancora parecchia strada da percorrere.

    dopo la pausa estiva
  • questo strano senso di colpa collettivo

    Una piccola e inutile riflessione estiva: ho notato che da qualche tempo, in questo Paese, le colpe di qualunque cosa accada ricadono sempre verso il basso. Dalle conseguenze dei disastri ambientali al carovita fino dal degrado dei servizi pubblici, stando ai grandi opinionisti, tutto sembra sempre essere colpa, direttamente o indirettamente, della mancanza di coscienza di noi cittadini, della nostra scarsa propensione al sacrificio o addirittura delle nostre aspettative troppo alte. L’ipotesi che alla base di determinati drammi possano esserci delle scelte scellerate, delle speculazioni, una cattiva gestione o qualunque altra possibile responsabilità da parte di chi detiene un qualunque potere non viene più nemmeno presa in considerazione se non per qualche risibile teatrino. È curioso, no?
    Certo, questo non significa che non ci siano realmente parecchi comportamenti individuali su cui tutti dovremmo riflettere nella nostra quotidianità cercando di fare ognuno la propria parte per migliorare ciò che ci circonda. Tutt’altro. Però l’avere ormai eletto il senso di colpa collettivo a sistema di governo chiudendo costantemente gli occhi di fronte a qualunque responsabilità, mancanza, manipolazione o malafede da parte di chi detiene un qualsiasi potere ci sta facendo pericolosamente diventare una società di individui passivi e privi di spirito critico capaci solo di inutili lotte fra poveri.

    questo strano senso di colpa collettivo
  • l’origine de “La prima ultima volta”

    Ho conosciuto Vanna Mazzei nella primavera del 2018 e fin da subito ci è capitato di condividere qualche progetto e diverse chiacchierate. L’idea di provare a scrivere qualcosa insieme è partita da lei, che in precedenza aveva già sperimentato alcune esperienze di scrittura collettiva e continua a farlo tuttora, e ammetto che, per svariate ragioni, ci ha messo parecchio a convincermi.
    La stesura de “La prima ultima volta” è iniziata così, senza obbiettivi precisi o scadenze prefissate, solo per il gusto di rimescolare le carte e vedere cosa poteva uscire dal confronto fra due menti particolari provenienti da percorsi diversissimi fra loro, ed è andata avanti per un paio di anni prima di arrivare alla versione che ci è sembrato giusto considerare definitiva.
    Siamo partiti dall’immagine di un uomo anziano che decide di riassaporare tutta la propria esistenza ripensando alle sue “ultime volte”. Tutto il resto è venuto da sé, rimasticando di continuo l’uno le idee dell’altra facendole costantemente diventare qualcos’altro. Sicuramente non è un romanzo facile e non è una lettura che fa sconti, anche perché sia io che Vanna abbiamo la naturale propensione a scavare oltre la superficie e il confronto fra di noi è diventato spesso un ulteriore incentivo a spingerci sempre oltre, però credo sia un romanzo che prova a lanciare interrogativi che mi sembrano importanti. E ora, da qualche giorno, grazie a Edizioni del Faro, è disponibile davvero ovunque sia in versione ebook che in formato cartaceo tradizionale.

    l’origine de “La prima ultima volta”
  • il primo passo de “La prima ultima volta”

    E’ stato un primo passo più impegnativo del previsto, per “La prima ultima volta“, la breve partecipazione al Salone del Libro di Torino. Il maltempo e un afflusso massiccio di pubblico hanno messo totalmente a nudo i limiti organizzativi della città e dello spazio in cui si svolge la fiera trasformando il Salone in un’esperienza molto poco vivibile.
    Nonostante tutto però, per me e Vanna Mazzei è stato importante esserci e compierlo, questo primo passo, lasciandoci abbracciare dalle cose positive come l’accoglienza sempre perfetta degli amici di Edizioni del Faro. Ci sarà modo di parlarne ampiamente, da qui in avanti, di questo strano e affascinante romanzo scritto a quattro mani. Sono convinto che lo meriti.

    il primo passo de “La prima ultima volta”
  • un referendum per la pace

    Da qualche giorno è iniziata la raccolta firme per il referendum abrogativo che fermi la complicità del nostro Paese nell’inasprimento sempre maggiore, tramite l’invio di armamenti, del conflitto che tutti conosciamo. Credo sia una proposta parecchio importante che va potenzialmente a toccare uno degli snodi cruciali del nostro futuro.
    Personalmente ho parecchie riserve sullo strumento e su diverse altre cose, però penso che la campagna referendaria vada presa prima di tutto come l’occasione per lanciare un segnale forte su un tema vitale su cui tutte le forze politiche all’unisono e tutti i mezzi d’informazione hanno fin dall’inizio fatto quadrato in modo granitico bloccando ogni possibilità di dissenso.
    Vista l’ormai constatata impossibilità di aprire un dibattito pubblico su questo tema o di riorganizzare un movimento di piazza, questa campagna referendaria può essere un modo valido per provare a fare sentire la nostra voce e, in quanto tale, sono convinto che vada fortemente sostenuta.

    un referendum per la pace
  • pianeta Terra, primavera 2023

    Si respira sempre più un’aria da tardo impero, in questa fragile civiltà occidentale all’alba della primavera del 2023.
    I colossi della finanza iniziano a mostrare l’inconsistenza del vuoto su cui si basano e i potenti continuano a gestire il mondo come un banale videogioco, alzando sempre di più l’asticella di un conflitto insensato che ci sta toccando sempre più direttamente e che, in un modo o nell’altro, sta facendo parecchio male a tutti noi comuni mortali indipendentemente dal luogo in cui siamo nati. D’altra parte si è capito ormai da tempo che l’impero traballante, per poter continuare a sopravvivere, ha disperatamente bisogno di ridistribuire il benessere verso l’alto e di rimodellare la società su parametri meno umani e più basati sul controllo sociale.
    Intanto, con la scusa della modernità o con mille altri alibi apparentemente santissimi sospinti da quella propaganda che ormai dovremmo avere imparato a conoscere, si continua a spingere per legittimare sempre di più le nuove forme di schiavitù e per considerare l’essere umano al pari di una qualsiasi merce. E ovviamente si continuano ad alzare cortine di fumo alimentando divisioni inutili, azzerando le possibilità di dibattito pubblico sui temi davvero cruciali e non smettendo di criminalizzare ogni forma di libero pensiero.
    Ma resisteremo anche a tutto questo.

    pianeta Terra, primavera 2023
  • primavera a pedali, Sanremo e Van Der Poel

    “…così sai che, qualunque cosa accadrà, ci saranno sempre ad attenderti una Milano-Sanremo, un Fiandre, una Roubaix e una Liegi. Cambieranno i nomi dei protagonisti ma il sapore di fondo resterà quello di sempre. E ti sentirai a casa.” (da “L’uomo a pedali“)

    Una foto dalla partenza della Milano-Sanremo per salutare l’inizio della stagione delle Classiche e per dire che, se Sergio (il protagonista de “L’uomo a pedali”) avesse visto pedalare Mathieu Van Der Poel, si sarebbe di certo divertito parecchio. L’olandese ha nella propria natura l’approccio romantico e la meravigliosa follia che il protagonista del mio romanzo amava, con in più una bellissima punta di divertita leggerezza. Sì, di certo gli sarebbe piaciuto parecchio vederlo correre.

    primavera a pedali, Sanremo e Van Der Poel
  • celebrazioni mancate

    Da pochissimi giorni la nuova pubblicazione de “L’uomo a pedali” ha compiuto due anni. Avevo programmato già da tempo di festeggiare la ricorrenza in modo particolare durante il fine settimana appena concluso ma qualche intoppo burocratico imprevisto mi ha poi costretto a cambiare programma. Peccato ma evidentemente doveva andare così. Dopotutto anche il protagonista del libro ha sempre avuto un rapporto tumultuoso con le celebrazioni.
    Nel frattempo si avvicina il momento in cui iniziare a parlare dei nuovi progetti, questa volta lontano dalla bicicletta. Una decina di giorni fa abbiamo scattato le nuove foto promozionali (che ovviamente non c’entrano con quella che si vede accanto a queste parole) che accompagneranno ciò che accadrà in primavera e si sa che, quando arriva il momento delle fotografie, la nuova partenza è ormai prossima. Tempo poche settimane e tutto ciò che c’è da comunicare sarà comunicato.
    Penso che il nuovo progetto segnerà un’affascinante rottura di tutti gli schemi creativi che ho seguito finora e rappresenterà una bella sfida, ma resto comunque convinto che anche il percorso de “L’uomo a pedali” abbia ancora qualcosa da dare e non si esaurirà qui, dunque credo che le due cose procederanno parallele e sarà come sempre ciò che accadrà lungo la strada a segnare la direzione e a mettere insieme i pezzi del mosaico fra presente e futuro. Vedremo…

    celebrazioni mancate
  • non è consentito dimenticare

    Tre anni fa, dopo un’improvvisa inversione a “U” dei grandi nomi dell’informazione, l’Italia chiudeva. Avrei voluto scrivere qualcosa di razionale sull’argomento ma mi rendo conto di provare ancora troppo sgomento per la sospensione dello stato di diritto a cui abbiamo assistito in quei due anni abbondanti e per la facilità con cui la gran parte dei nostri connazionali ha dimenticato in un lampo ogni briciola di umanità e rinunciato a ogni forma di pensiero critico per adattarsi a vivere in una sorta di teatro dell’assurdo fatto di parole riesumate dal secolo scorso e di “regole” surreali in eterna mutazione.
    Personalmente ho avuto l’enorme fortuna, durante i periodi peggiori, di avere a che fare più con la Svizzera che col nostro Paese, il che mi ha evitato molti problemi e mi ha permesso di toccare con mano due modi opposti di gestire ogni situazione, ed è difficile scordarsi la sensazione straniante, provata in diversi frangenti del biennio ma ancora di più nei mesi della “tessera verde”, di passare da un mondo assolutamente sereno a uno totalmente distopico semplicemente attraversando a piedi la dogana.
    Per quanto oggi molti mezzi d’informazione stiano cercando di “normalizzare” quel periodo nella memoria collettiva, credo sia vitale ricordare con fermezza ogni cosa per ciò che è stata realmente. Non dimenticare nulla, continue contraddizioni incluse. Non dimenticare nemmeno i continui tagli alla sanità pubblica perpetrati negli ultimi vent’anni e portati avanti ancora oggi che sono stati uno dei nodi scatenanti del caos. E continuare a tenere sempre gli occhi e la mente bene aperti sul presente e sul futuro.

    non è consentito dimenticare
  • a proposito di questo diario…

    Se qualcuno ha provato a navigare di recente nella sezione “Diario” di questo sito, forse avrà notato che contiene l’archivio, suddiviso per mesi, di tutti i pensieri che ho accumulato su queste pagine dal 2007, quando uscì il mio primo libro, fino a oggi.
    In passato, ogni volta che mi è capitato di rinnovare il sito, ho sempre dato un colpo di spugna ai contenuti spazzando via tutti i vecchi pensieri per ripartire da zero. Questa volta invece, con la ristrutturazione di inizio anno, ho fatto l’esatto contrario, andando a scavare anche in archivi dimenticati pur di ripristinare il più possibile le riflessioni e le comunicazioni disseminate nel tempo.
    Mi ha divertito, vedere come nel corso degli anni il mio modo di comunicare sul web si sia continuamente evoluto seguendo diverse fasi, a volte legate ai romanzi che stavo promuovendo e altre volte semplicemente al mio sentire o ai cambiamenti del mondo esterno. E mi piace il fatto che scorrere queste pagine sia un po’ come vedere gli ultimi quindici anni abbondanti del mio percorso raccolti in una sorta di storia che unisce ciò che è accaduto attorno alle storie che ho raccontato.

    a proposito di questo diario…
  • …per pagare i generali

    Parecchi anni fa Enzo Jannacci cantava: “Il nemico non è al di là della tua trincea. Il nemico è qui fra noi. […] Il nemico è colui che vuole il monumento per le vittime da lui volute; E non fa le scuole, e non fa gli ospedali, per pagare i generali.”
    In questi giorni di grigia propaganda a buon mercato credo non ci sia altro da aggiungere. Chissà se mai lo capiremo.

    …per pagare i generali
  • i colpi di pedale del 2023

    I progetti per questo 2023 iniziano piano piano a prendere forma: c’è qualcosa di concreto che si muove sottotraccia ormai da un po’ di tempo e che spero possa vedere la luce nei prossimi mesi, ma tutti i dettagli sono ancora in via di definizione ed è ancora presto per parlarne.
    Nonostante le novità (spero) in arrivo, da parte mia c’è comunque la sensazione che il percorso de “L’uomo a pedali” non sia ancora del tutto concluso, dunque anche quella strada continuerà ad andare avanti parallelamente a ciò che arriverà. Per le avventure su due ruote di questa nuova fase ho pensato però che fosse necessaria una nuova maglia, dopo quella che mi ha accompagnato a partire dall’uscita del libro e quella che ho vestito durante il silenzioso percorso di avvicinamento alla pubblicazione, così eccola qui nella foto accanto alle due che la hanno preceduta. Anche le occasioni in cui sarà possibile vedere questa maglia sfilare sulla strada sono ancora da definire.
    Tra l’altro nei giorni scorsi mi sono ritrovato a riflettere sul fatto che, quando nel 2009 uscì la prima versione del romanzo, avevo il timore di restare incastrato in quella storia e, anche per sfuggire a quella sensazione, già al momento della pubblicazione sapevo che mi sarei diretto altrove nel giro di pochi mesi. Oggi invece una parte consistente di me non ha proprio alcuna voglia di abbandonare quella strada e uscire da quella che ormai è la mia zona di comfort. Sarà che sono invecchiato o sarà che ho imparato a difendermi meglio e a non stare sempre per forza con la faccia al vento.

    i colpi di pedale del 2023
  • laudate hominem

    “Contro l’ideologia della banalità, che domina il mondo, è necessaria un’opposizione” (Benedetto XVI)

    Il mio rapporto con la religione è complesso e per molti versi contraddittorio, lo so. Ma non è di questo che si tratta. Non è la religione il punto.
    Verso papa Benedetto XVI ho sempre nutrito un’enorme ammirazione e l’ho sempre considerato una delle menti più profonde del nostro tempo: un vero gigante del pensiero che si è rivelato spesso in anticipo sui tempi e ha dedicato una vita intera a scavare nel profondo e a difendere un’idea di essere umano fatto di spiritualità e ragione, andando sempre con decisione controcorrente rispetto a un mondo che tende sempre più a cancellare sia l’una che l’altra. Non a caso i grandi media hanno tentato spesso di demonizzarlo e manipolare ogni sua parola.
    Con lui se ne va una delle ultime dighe davvero autorevoli alla deriva che ci sta spingendo verso un totale appiattimento (a)culturale, intellettuale e valoriale, che è poi proprio quella “dittatura del relativismo” contro cui lui ha spesso messo in guardia. Per questo credo sia doveroso rendergli omaggio.

    laudate hominem

Archivio:

I miei libri:

Contattami: