1 maggio 1994

E’ difficile non pensarci, al primo maggio di vent’anni fa.
Credo sia una delle poche giornate di cui ho scolpito nella memoria ogni singolo istante.
Facevo la terza media, quell’anno, e in quei tempi, nella mia scuola, ciò che identificava davvero quello che eri, più che la fede calcistica o la musica che ascoltavi, era una semplice scelta: o ti mischiavi alla massa dei ferraristi, oppure tifavi Ayrton. Era lì che nascevano le vere discussioni e, col senno di poi, scegliere di stare da una parte o dall’altra non era per nulla un fatto casuale, specie per me che all’epoca avevo due punti di riferimento abbastanza emblematici: Senna e Gianni Bugno.
Ricordo davvero tutto di quella domanica, e ricordo in modo incredibilmente nitido anche l’ingresso a scuola il giorno dopo, con tanti occhi increduli che non osavano nemmeno guardarsi e tutto l’istituto avvolto in un silenzio assoluto e straziante.
Da quel giorno non ho più guardato una gara di Formula 1, fedele già allora alla mia particolare “monogamia emotiva”. Ma non è questo il punto. E’ che ci sono delle date che, in un modo o nell’altro, segnano dei momenti di svolta fondamentali nella vita di una persona e per me il primo maggio di vent’anni fa è stato uno di quei momenti: il primo brusco impatto con una realtà in cui anche gli eroi possono morire. Una sorta di prima perdita dell’innocenza e dell’illusione, se vogliamo fare gli psicologi della mutua.