a proposito di Stefano Cucchi

Per poco più di due anni, fra il 2011 e il 2013, ho portato avanti un progetto che cercava di regalare qualche momento di svago e di riflessione, sotto forma di musica e parole, ai ragazzi del terzo reparto del carcere di San Vittore. E’ anche per questo che tutto ciò che riguarda la triste vicenda di Stefano Cucchi mi suona come un pugno nello stomaco: di ragazzi come lui ne ho conosciuti tanti, ho avuto la fortuna di confrontarmi molte volte con loro in modo davvero sincero e profondo, e ho avuto modo di vedere con i miei occhi cos’è davvero il carcere. E credo sia stata una delle esperienze che più mi ha arricchito umanamente nel corso della mia vita.
Vicende come la tragedia di Cucchi non dovrebbero essere nemmeno concepibili, in un Paese civile: questa è l’unica cosa che ha davvero senso affermare. Tutto il resto è solo aria malsana, comprese le sentenze e l’arroganza con cui il potere cerca per l’ennesima volta di insabbiare la verità.
Mi sentirei però di dire una cosa ai vari Giovanardi e ai troppi tuttologi che in questi giorni si riempiono la bocca di discorsi assurdi: prima di sparare altre cazzate, dovreste avere l’umiltà di andare a parlare con i ragazzi come lui, ascoltare le loro storie e scoprire chi sono realmente. Almeno sapreste di cosa state blaterando e forse imparereste qualcosa.