e tutto sta in quel niente

“Verrà il giorno in cui ci spiegheranno le regole del caos”, ha scritto Vincenzo Di Pietro nella dedica sulla mia copia di “Dal margine“.
Come dicevo nei giorni scorsi, “Dal margine” è un romanzo che ho visto nascere e ho amato fin dalla lettura delle primissime bozze per cui, dopo averne seguito tutta la lunghissima e tormentata gestazione, è stato un piacere poterlo tenere a battesimo insieme al suo autore nella bellissima serata di sabato al Baretto di Biassono e, in un clima meravigliosamente familiare, mantenere la promessa che io e Vincenzo c’eravamo fatti ormai qualche anno fa.
Personalmente ho sempre visto “Dal margine” e il mio “Alice” come due fratelli illegittimi partoriti per puro caso da due menti diverse: si tratta ovviamente di due storie senza alcun reale punto di contatto, ma mi sembra abbiano dentro delle sensazioni di fondo che li rendono complementari e che i protagonisti respirino un caos purissimo e fragile che, in qualche modo, li avvicina.
Nella serata al Baretto credo di avere messo chiaramente a fuoco quella che è la grande differenza fra i due romanzi, che è poi la differenza la mia scrittura e quella di Vincenzo: il mio Francesco si ostina in ogni modo a voler dare un senso a ogni istante, a cercare il bandolo della matassa del caos e, in qualche modo, a provare ad addomesticarlo e uscirne vincitore. Il Valerio di “Dal margine” invece ha la forza di fregarsene di tutto, di lasciarsi travolgere senza remore dal caos e di gettarvisi dentro a perdifiato sforzandosi di non pensare minimamente a cosa ci potrà essere in fondo al tunnel. Ci sono momenti in cui provo una certa invidia per questa sana incoscienza, e ce ne sono moltissimi altri in cui penso che, il giorno in cui riusciremo a trovare un equilibrio fra le due cose, le regole del caos non le avremo solo comprese ma potremo iniziare a dettarle.