l’atto meno politico è il voto elettorale

In questa democrazia l’atto meno politico è il voto elettorale” ha scritto qualche  giorno fa il bravissimo giornalista Sebastiano Caputo. Personalmente credo sia la cosa più sensata che si sia sentita in questi giorni di isteria elettorale.
Se negli anni ’90 si diceva “voti ogni volta che fai la spesa”, oggi il discorso è ancora più ampio e si vota ogni volta che si prende in mano il proprio cellulare o che si mette il naso fuori di casa. Oggi ogni click su un social network è un voto: guardare un determinato video o commentare un determinato post significa dargli visibilità all’interno dei vari algoritmi e di conseguenza spingere una certa visione del mondo o una certa sensibilità piuttosto che un’altra. Uscire di casa per partecipare a un evento di qualunque tipo significa dargli rilevanza e, di conseguenza, permettere o meno di continuare a esistere alle idee e all’approccio umano che quel tipo di evento può rappresentare. E ovviamente, sia nel primo caso che nel secondo, non parlo necessariamente di cose che abbiano un contenuto politico: anche il modo in cui si affrontano i discorsi più leggeri e quotidiani fa una differenza enorme.
Nel pantano politico di oggi in cui i partiti (nessuno escluso) non generano idee ma si limitano a inseguire il consenso della massa mentre le decisioni che contano vengono prese altrove, questa miriade di voti che diamo di continuo hanno infinitamente più peso della crocetta che si andrà (o non si andrà) a mettere su una scheda elettorale. Imparare a gestire tutti questi voti in modo costruttivo e consapevole resta l’unica vera speranza di poter creare delle alternative, formare delle coscienze a misura di ciò che siamo e, col tempo, condizionare seriamente anche la politica. Il resto purtroppo è solo fumo venduto a carissimo prezzo.