o si gioca seriamente…

O si gioca seriamente, oppure non si gioca proprio”: è stata questa frase a smuovermi qualcosa e convincermi a pubblicare “Lo zio”,  quando ho riletto il racconto dopo un anno esatto che giaceva abbandonato fra i miei appunti. Una considerazione probabilmente banale che però, in quel particolare contesto, mi è sembrata particolarmente centrata.
Il mio amico Francesco Caprini sostiene che il racconto ha un’ambientazione che richiama il cinema francese della nouvelle vague, e probabilmente ha ragione: il paesaggio marino che viene descritto è pieno di personaggi estremamente concreti ma al tempo stesso sfuggenti su cui aleggia un senso di malinconia e sconfitta generale. O forse, ancora di più, proprio un senso di partita mai giocata sul serio.