due settimane senza fine

Un anno fa vivevamo in un mondo completamente diverso. Sembra strano, a pensarci, che sia passato solo un anno da quando, dopo due mesi di rassicurazioni ed etichette dispregiative appiccicate a chiunque sollevasse la minima preoccupazione, sono improvvisamente esplosi il panico generale e gli appelli a misure drastiche “per riabbracciarci più forti fra un paio di settimane”. Due settimane che evidentemente, dopo un anno, non sono ancora terminate né lo faranno a breve termine.
Non voglio fare adesso un riepilogo dei fatti e delle contraddizioni che abbiamo vissuto in questo anno. Non voglio nemmeno rimarcare come in questo anno si sia arrivati a minare persino le fondamenta del concetto stesso di Stato di Diritto. Però non posso nascondere che mi fa moltissima paura il fatto che, dopo un anno, sempre più persone sembra si stiano ormai abituando, oltre che a vivere in balia di “regole” arbitrarie in mutazione quotidiana, a considerare normale il fatto di vedere ogni forma di calore umano come un pericolo anziché come un dono. Stiamo inesorabilmente capovolgendo una catena di valori e disvalori che sono sempre stati la base del nostro poterci considerare esseri umani. E temo che questa strada non sarà facilmente reversibile e non ci porterà nulla di buono. Se la “nuova normalità” di cui si parla da un anno è destinata a essere questa, allora spero di cuore di non abituarmici mai e di continuare a sentirmi completamente fuori posto di fronte a questa follia. Non abituarci è una delle poche cose che ci permette di poterci ancora definire esseri umani.