un pensiero per il Ligera
La foto qui sotto foto ha poco meno di sei anni. Quel giorno, per via di qualche malanno di stagione, avevo la febbre piuttosto alta e recitavo con una voce che sembrava venire dall’oltretomba. Tra l’altro mi ero anche dimenticato il cappello che in quel periodo per me era un segno distintivo e una sorta di coperta di Linus. Però ricordo quell’esibizione come una gran botta di vita.
Il palco era quello di un luogo prezioso chiamato Spazio Ligera: quando ci entravi sembrava di essere trasportati negli anni ’70 e i suoi gestori erano riusciti a creare uno splendido punto d’incontro umano e culturale proprio nel cuore della cosmopoli di via Padova (una via che per Milano ha un valore anche simbolico non da poco, se si parla di integrazione) mantenendo un’atmosfera da circolo anarchico vecchio stile. Sono stato su quel palco tre volte, nel corso degli anni, e in diverse altre occasioni sono stato lì per vedere concerti, presentazioni di libri e altre cose belle.
Ne parlo al passato perché da qualche giorno quel posto non esiste più. I ragazzi che lo gestivano sono riusciti a resistere per un anno alle chiusure forzate e alle regole assurde di questo periodo, poi sono stati costretti ad alzare bandiera bianca di fronte all’impossibilità fisica di portare avanti uno spazio simile in queste condizioni. La sua chiusura è una pessima notizia non solo per le persone che ci lavoravano: è una perdita per chiunque creda che cultura, socialità e confronto dovrebbero essere sempre e comunque dei valori fondamentali e che essere in salute non significhi solo non avere la febbre.
Evidentemente non sta proprio andando tutto bene.