un pensiero sul finale

Ne ho sentite tante, nel corso degli anni e soprattutto in questi ultimi mesi, di opinioni sul finale de “L’uomo a pedali”, spesso di natura opposta fra loro ma ovviamente tutte più che legittime. So che molti avrebbero preferito una conclusione più “romantica” o “motivazionale” e anche a me, in passato, è capitato qualche volta a interrogarmi sulle ultime pagine del libro e pensare che forse avrei potuto dare alla storia un finale diverso.
Il fatto è che però, quando lo scorso anno mi sono trovato a rimettere mano al romanzo per rieditarlo completamente e preparare la nuova pubblicazione, tornando a immergermi in tutto e per tutto nella mente di Sergio e nei suoi disequilibri, mi sono reso conto che non poteva esserci nessun altro finale. La vicenda di Sergio poteva concludersi solo in quel modo. E personalmente, la prima volta che ho riletto il romanzo per intero dopo tanto tempo, ho trovato il finale liberatorio.
Forse sbagliato. Sotto molti aspetti spiazzante e doloroso. Ma più di ogni altra cosa liberatorio. Il che, in fondo, è una cosa che accomuna, seppur in modo sempre diverso, il finale di quasi tutti i miei libri.